INTERVISTA ALLA POETESSA ASSUNTINA MARZOTTA
Buon pomeriggio a tutti, quest'oggi ho il piacere di intervistare la bravissima Poetessa Assuntina Marzotta, giudice del Premio Letterario Nazionale e Internazionale "Parole a Sud-Est"
-Come ti è nata la passione per i libri?
Credo di essere nata avvolta in una copertina di qualche libro.
Ho imparato a leggere a tre anni e ricordo come fosse oggi la sediolina nel portone a casa dei miei, dove vivevano anche i miei nonni paterni e mia zia. Quest’ultima è stata anche la mia maestra per i cinque anni della scuola elementare e ogni volta che andava a comperare dei libri o guide didattiche alle Edizioni Paoline, facevo di tutto per andare con lei e farmi regalare dei libri che poi divoravo in un batter d’occhio. E quando finivo di leggere i miei rovistavo nella libreria di casa alla ricerca di qualche vecchio libro che apparteneva a mia nonna, o a mio padre o quelli usati da mia zia quando studiava dalle Marcelline. Quello che amavo di più era una vecchia antologia che sembrava dovesse far cadere le sue pagine da un momento all’altro, tanto era consunta. Io, però, la trattavo con rispetto, poiché conteneva la poesia che io adoravo leggere e rileggere, tanto da averla imparata a memoria “La spigolatrice di Sapri”.
-Da quando hai cominciato a scrivere?
Ho cominciato a scrivere molto presto, anche se non conservo nulla di quando ero bambina e adolescente. Il mio professore di Italiano delle superiori non metteva mai il voto ai miei compiti, perché lasciava che fossero le mie compagne di classe a decidere, dopo aver ascoltato la lettura del mio testo.
Ho avuto un lungo periodo di “silenzio” dopo alcuni premi internazionali vinti a Livorno, a Padova (dove ho vissuto fino al 2005) e a Venezia.
Mi ha destata da questo torpore la seconda missione di mio figlio Riccardo in Afghanistan, tra il 2011 e il 2012. Allora lui era un Tenente della Brigata Sassari ed io, ogni sera, dedicavo una poesia a lui e ai suoi soldati, sperduti nelle langhe di Herat, Shouz, Farah, Balah Murghab. Luoghi in cui ogni momento poteva essere fatale, uno IED esplodere al passaggio di un “Lince” o i talebani che mandavano i loro kamikaze a farsi esplodere in mezzo ai soldati di pattuglia o, alla guida di un’auto imbottita di esplosivo, lanciarsi con fede suicida sulle recinzioni delle basi militari.
Poi nel 2019 sono stata la vincitrice assoluta del Premio Vitruvio che mi ha consentito la pubblicazione, nel 2020, della mia prima silloge “Il pianto dell’elicriso”, seguita poi dalla seconda “Viaggio nell’anima”, nata durante il triste periodo del lockdown, insieme con la mia prima opera di narrativa “Quel che resta di te…”, pubblicata nel 2023.
-Di cosa parla la tua ultima opera?
Le mie ultime opere non sono state ancora pubblicate. Una è una silloge “Come petali sparsi…” nella quale dedico più spazio alla condizione femminile vittima della violenza di genere e all’amore tormentato. La seconda, “Profondo come il buio a mezzanotte”, invece, è un romanzo-diario nel quale analizzo la relazione con un narcisista, altra forma tossica di amore. Il narcisista, infatti, in amore è un manipolatore affettivo.
Nella relazione vi sono momenti (ingannevoli) in cui esprime parole bellissime e altri in cui prevale l’indifferenza, il silenzio, gli sbalzi di umore.
Ciò porta nel partner disorientamento, confusione e un vissuto di minata autostima.
Perchè non è sempre facile accorgersi di avere a che fare con un partner narcisista…
Quando una persona empatica incontra un narcisista il più delle volte non lo riconosce: l’attrazione è irresistibile, l’amore forte, incondizionato e la persona è spesso affascinante e carismatica.
Attrae e atterrisce al tempo stesso. Il narcisista è un maestro dell’illusione: il suo fascino e la sua arguzia sono ipnotici e incoraggiano a perdonarlo anche se va fuori dalle righe, poiché sa cogliere e accogliere i lati deboli inducendo nel partner un vissuto del tipo: “senza di te mi sento perso/a”.
Pertanto è la fame di amore che porta ad incappare in un partner del genere.
Ecco perchè, anche se non si è felici e dominati da un senso di soffocamento e oppressione, non riusciamo a troncare la relazione tossica.
Sono rapporti disfunzionali che possono durare anche molti anni.
-E' un’opera autobiografica?
Diciamo di sì. In tutte le mie opere c’è molto di me, poiché la scrittura è catarsi, come il processo che permette l'espressione delle emozioni controllate, bloccate o nascoste, a cui segue una riduzione della tensione emotiva, in generale, e dell'ansia, in particolare, e che produce sollievo e miglioramento.
-Sarai una giudice severa al Premio Letterario?
Intanto devo dire che sono onorata di far parte della Giuria di questo Premio. Sono stata giurata in altri concorsi e quando mi è toccato scegliere l’ho fatto con il cuore. Al di là del contenuto, in una poesia deve prevalere l’emozione che suscita nel lettore.
-Parlaci di Assuntina al di fuori della scrittura
Parlare di me al di fuori della scrittura non mi risulta particolarmente facile. A volte credo di essere un’ appendice della mia scrivania.
Di me posso dire che amo i cani, che adoro il mare, soprattutto quando è tempestoso e sembra che rispecchi la mia anima. Mi piace cucinare, soprattutto i dolci, ma ultimamente mi sono un po’ impigrita e mi sento più a mio agio con una matita tra le mani. Ma al primo posto, fra tutto, ci sono i miei figli, Riccardo e Lavinia, anche se ormai occupano il secondo posto nella scala degli affetti: sono stati sbalzati dalla prima posizione da una piccola peste che ora ha otto anni: il mio nipotino Troy Alexander. Purtroppo vive negli Stati Uniti e lo vedo solo d’estate.
-Quali sono i tuoi progetti futuri?
Al momento aspettare che passi anche il prossimo anno scolastico, anno in cui si concluderà il mio percorso di lavoro. Mi spiace un po’ lasciare i miei alunni, ma credo sia giusto, ad un certo punto della vita, potersi dedicare ai propri sogni e alle proprie passioni.
INTERVISTA AUTORE A DAVID LUCIFER
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